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Scopri la storia affascinante e ricca della Valle del Volturno e esplora come ha plasmato la cultura unica degli abitanti locali.
La Battaglia di Monte Marrone, che ebbe luogo il 31 marzo 1944, fu un evento significativo durante la guerra di liberazione italiana. Mirava a costringere i tedeschi ad abbandonare Monte Marrone e Monte Mare...
Queste montagne sono intrise di racconti popolari, leggende locali e miti. Tra di esse, una storia si distingue: una leggenda che potrebbe contenere un nocciolo di verità: l'incredibile racconto del Fagiolo Nero Molisano...
Fondata all'inizio dell'ottavo secolo come avamposto a nord del Ducato di Benevento, l'abbazia di San Vincenzo al Volturno divenne un importante centro religioso, culturale, economico e politico il cui posizionamento strategico fu ben compreso da Carlo Magno, che lo proiettò su uno scenario di importanza europea. Distrutta dai Saraceni nell'881, recuperò pienamente la sua posizione strategica alla fine del decimo secolo, dando origine alla ripopolazione dell'area attraverso la castellanizzazione della maggior parte dei comuni attuali della valle del Volturno superiore, allontanando così il territorio dalle foreste per riportarlo e/o iniziarlo a villaggi, campi coltivati, allevamento, in altre parole, al consenso umano. I monaci riconducevano uomini, donne, intere famiglie e li portavano a vivere nei castra, i campi che sarebbero poi diventati i villaggi arroccati sulle colline e da cui si sarebbero diffuse nel territorio masserie e una molteplicità di manufatti (fienili, interamente realizzati in materiali vegetali, pagliare, in parte in legno e in parte in muratura a secco, edifici rurali interamente in pietra) utilizzati per il ricovero di animali, attrezzi agricoli e le persone stesse mentre lavoravano nei campi. Terra di contadini e pastori, dunque, quella di San Vincenzo in cui si svilupparono e tramandarono tradizioni e conoscenze artigianali ancora presenti, sopravvivendo al mondo che le aveva espresse e capaci di parlare ancora al nostro tempo, di essere utili a noi e di emozionarci:
- la zampogna, patrimonio dell'area ma particolarmente radicata a Scapoli dove laboratori artigianali per la sua costruzione, un festival musicale internazionale, istituti museali e un centro di documentazione mantengono vivo il legame della comunità con il suo passato e attraggono migliaia di visitatori nell'area da tutte le parti d'Italia e persino dall'estero in cerca di autenticità e radici.
- il Cervone di Castelnuovo al Volturno, una maschera zoomorfa che ad ogni carnevale ripropone l'eterna lotta tra il bene e il male, il conflitto tra la natura selvaggia e il mondo degli esseri umani, attirando anche, con la sua magica pantomima, una folla di spettatori/turisti al piccolo paese aggrappato alla montagna di San Michele;
- I prodotti agroalimentari e la tipica gastronomia locale che sono il risultato di conoscenze e offrono sapori che parlano di stili di vita, tecniche di produzione e lavorazione trasmesse di generazione in generazione e che da qualche tempo sono iniziate a essere valorizzate come eccellenze e marchi di qualità del territorio; a partire dal raviolo scapolese che si mangiava in famiglia nei giorni grassi di carnevale e che oggi è celebrato e reso disponibile ai molti visitatori in una festa (la raviolata) istituita dal Circolo della Zampogna nel 1991 e organizzata ogni anno nell'ultima domenica di carnevale.
Quella dell'Abbazia di San Vincenzo al Volturno non era, però, solo una terra di pastori e contadini; la storia, quella con la S maiuscola, ha imprimato i suoi segni lì diverse volte, sia positivamente che negativamente. Infatti, su queste montagne si è consumata una parte del malessere economico e sociale che è esploso nel Sud Italia, con implicazioni drammatiche, come parte del processo di unificazione del paese e che prende il nome di Brigantaggio. Sulle Mainarde il fenomeno si è concentrato particolarmente sulla figura del brigante Centrillo, alias Domenico Coia nato a Castelnuovo al Volturno nel 1828, noto anche come il Masaniello delle Mainarde. A capo di un grande gruppo di oltre 150 uomini operava principalmente nella zona utilizzando come base, secondo il vernacolo attuale, proprio uno degli edifici rurali esistenti nella zona di Monte Marrone. Dopo aver partecipato alla battaglia di Gaeta a sostegno del re borbonico Francesco II, distinguendosi per abilità e coraggio, fu arrestato a Roma dai francesi e processato a Cassino, dove fu assolto il 20 ottobre 1865, insieme ad altri uomini della sua banda.
La Battaglia di Monte Marrone il 31 marzo 1944 vide il Corpo di Liberazione Italiano, comandato dal Generale Umberto Utili, in combattimento vicino a Cassino. In questo episodio, le unità italiane supportate da unità marocchine operanti nelle vicinanze tentarono di costringere i tedeschi ad abbandonare Monte Marrone e Monte Mare, due altezze del piccolo massiccio montuoso delle Mainarde, tra Lazio e Molise.
La battaglia fu una fase della guerra di liberazione italiana. L'attacco alla cima, 1805 m sul livello del mare, fu lanciato nel cuore della notte del 31 marzo dalle truppe alpine italiane del battaglione Piemonte che la occuparono con un attacco a sorpresa. Elementi del 3° Reggimento Bersaglieri furono schierati con il Corpo di Liberazione Italiano (C.I.L.), specificamente i battaglioni XXIX e XXXIII e la prima compagnia motociclisti del C.I.L. che in quell'occasione guadagnò una Medaglia d'Argento al Valor Militare assegnata al Battaglione Goito; inoltre, furono coinvolti il Battaglione Alpino "Piemonte" e i paracadutisti della Divisione Paracadutisti "Nembo"; le truppe alpine raggiunsero l'obiettivo mentre i paracadutisti non riuscirono a dislodgiare le unità tedesche dalla cima. Il 2 aprile, i tedeschi effettuarono un attacco esplorativo che si fermò a 800 metri dalle linee italiane, e il giorno dopo alle 5:30 iniziarono un forte attacco, respinto dal fuoco italiano e dai campi minati posti a protezione delle loro linee; un nuovo attacco fu tentato il 10 aprile con tre battaglioni di Gebirgsjaeger (le unità alpine tedesche), uno dei quali riuscì a penetrare le linee italiane, dando origine a una serie di combattimenti corpo a corpo nelle trincee e minacciando di dislodgiare gli italiani dalla cima, ma una nuova compagnia di rinforzi alpini evitò il pericolo; il fuoco di artiglieria impedì l'afflusso di rinforzi tedeschi e gli italiani furono in grado di riconquistare le posizioni che erano cadute in mano nemica.
La conquista del picco permise agli italiani di avanzare lungo il Monte Marrone, Monte Mare, pianura Venafrana, direzione Picinisco, un paese che fu raggiunto il 28 aprile.
La legenda del Fagiolo Nero Molisano;
Essendo un prodotto facile da cresciere in climi vari, il fagiolo nero Molisano, divento uno strumento nella battaglia contro i tedeschi e il regime fascista italiano.
Al difuori di essere un delizioso legume, facile da cucinare. Il fagiolo nero molisano supportava i partigiani fornendo un pasto sostanzioso e ricco di nutrienti per prepararli alla battaglia. Ma la vera leggenda era nella forza e nella sfida dei cittadini contro un regime oppressivo. La gente metteva un piccolo piatto bianco fuori dalle finestre; se il piatto era vuoto significava che il paese era sicuro, potevano uscire dai nascondigli, visitare i propri cari in città e rifornirsi di provviste. Se nel piatto venivano messi fagioli neri, i soldati erano nei dintorni e non era sicuro. Ogni fagiolo nel piatto rappresentava un soldato. Questo divenne infine un'informazione cruciale nella pianificazione dei loro attacchi.
In Arrivo...
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